Il Brasile nel sumo pt.1: dagli inizi negli anni ’70, all’exploit dei ’90 (con un pizzico d’Italia)

Riprendiamo la rubrica che racconta le storie dei rikishi stranieri. Quei lottatori che non solo decidono di affrontare il duro stile di vita di un lottatore di sumo, ma che lo fanno provenendo da una nazione estera, dunque con un background culturale differente da quello giapponese. Dopo iniziato il nostro viaggio con la Mongolia, aver fatto tappa in Georgia, e aver raccontato la storia di Shishi, il primo (e finora unico) lottatore ucraino, ora scendiamo nel continente australe per vedere quanti e quali sono i lottatori provenienti dal Brasile che hanno messo piede su un dohyō.

Sono sedici i lottatori brasiliani che si sono cimentati nello sport nazionale del Giappone a livello professionistico, e di questi in quattro sono riusciti a diventare sekitori (cioè ottenere un salario mensile): tre hanno raggiunto la seconda divisione Jūryō mentre uno, Kaisei, ha come miglior ranking quello di Sekiwake.

Il primo lottatore a segnare come luogo di nascita il Brasile – di fatto diventando il primo rikishi sudamericano della storia – è Tatsunishiki 龍錦 che nel 1967, a 16 anni, fa il suo ingresso nella Hanakago stable. La sua breve carriera, anche a causa del suo fisico mingherlino, termina nel 1971 con il best ranking di Jonidan 6.

Negli anni ’70 saranno tre i lottatori brasiliani a sbarcare in Giappone: Kawamura Kosaku 川村 幸作, Hakusan Momotaro 伯山 桃太郎, e Kiyonomine Minoru 清乃峰 実, tutti in grado di resistere molti più anni rispetto al loro predecessore.

Hakusan (destra) maestro di judo dopo il suo ritiro (c. 1987)

Da segnalare che Hakusan, all’anagrafe Pasquale Boschi, è italo-brasiliano di terza generazione il ché fa di lui il primo lottatore di sumo di origini italiane. Figlio di un panettiere, Hakusan era un ragazzo disciplinato e molto abile nel lavoro manuale, nonché un appassionato di judo. Fu notato dal sekiwake Tsurugamine durante un tour in Brasile nel 1976, e l’anno dopo Hakusan fece già il suo debutto professionistico con un 6-1 in jonokuchi, punteggio bissato quattro mesi dopo anche in jonidan, dove non vinse il titolo a causa di una sconfitta nell’ultima giornata. Purtroppo Hakusan era molto propenso agli infortuni e il resto della sua carriera fu altalenante seppur con un elevato numero di kachi-koshi. Il punto più alto fu sicuramente il torneo di maggio 1984 quando, da makushita 9 (suo best ranking) affrontò il juryo 13 Fujinosato. Per un incontro di quel calibro era necessario avere l’oichomage – la classica capigliatura dei sektori – e lui fu il primo del suo paese ad averla, inoltre vinse il match per oshidashi. Hakusan si ritirò nel 1986 dopo aver saltato quattro tornei consecutivi. Le ultime notizie che si hanno di Pasquale Boschi è che tornò in Brasile e divenne insegnante di judo a Belo Horizonte, Minas Geiras, con un background di 56 basho come lottatore di sumo professionista, facendo registrare un peso massimo di 150 kg per 180 cm.

Nella prima metà degli anni ’90 c’è stato il principale flusso verso il Giappone di lottatori brasiliani ad ottenere maggior successo. Ben sette rikishi compirono la traversata oceanica, tutti approdando nella palestra Tamanoi; tra di loro ci sono i tre (Ryūkō, Kuniazuma, e Wakaazuma) che arrivarono a lottare a livello Jūryō, la seconda divisione per importanza. Molti di loro avevano discendenze giapponesi, e sin da piccoli mostrarono una spiccata propensione verso il judo e altri sport da contatto.

Kitaazuma, Ryuko, Azumakaze, Wakaazuma, Azumao (c. 1998)

Di questa ciurma, Kuniazuma Hajime 国東 始 arrivò più in alto raggiungendo il rank di jūryō 4. Si presentò in Giappone assieme ai suoi connazionali (spinto dal padre di Azumakaze perché non voleva che suo figlio viaggiasse da solo), ma con una prestanza fisica decisamente migliore. Vander Ramos a 15 anni era già alto 190 cm e pesava 145 kg; non stupisce quindi che la sua carriera nel sumo professionistico iniziò con due 6-1 consecutivi. Nel marzo del ’93, a 17 anni raggiunse la divisione Makushita ma i dolori alla schiena lo costrinsero a saltare 5 tornei. La pausa gli fece bene perché al ritorno, nel giro di pochi mesi, vinse i titoli Jonokuchi e Sandanme. Alternando ancora pause prolungate a vittorie nelle categorie minori (in totale saranno 5 i titoli vinti da lui), la promozione a sekitori avvenne nel settembre 2000 quando prese parte al torneo come jūryō 9, chiudendo con un record di 9-5-1. Raggiunse il picco, J4, esattamente un anno dopo e da lì in poi iniziò una lenta e inesorabile discesa fino al ritiro avvenuto nel marzo 2004 quando, da Sd20 e martoriato dagli infortuni, riuscì comunque a chiudere 5-2. Ora Vander Ramos vive a Shinjuku e fa l’impiegato.

Compagno di viaggio di Kuniazuma dal Brasile al Giappone fu anche Wakaazuma Yoshinobu 若東 吉信 il quale aveva un fisico totalmente opposto rispetto al connazionale. Al momento del suo debutto – anche lui nel novembre ’91 – pesava 75 kg e la sua scalata verso i piani alti del sumo fu una delle più lente. Impiegò 58 tornei per raggiungere la divisione jūryō (all’epoca fu record di maggior numero di tornei per un lottatore straniero, poi battuto dai 71 di Oniarashi). Tanto lungo fu il cammino per arrivarci e tanto breve la sua esperienza tra i rikishi salariati: Wakaazuma infatti resistette solamente un torneo nella seconda divisione, chiudendo con un record di 4-11. Da lì in poi restò stabilmente in makushita senza più riuscire a fare il salto di qualità ritirandosi nel maggio 2003, a 27 anni, dopo qualche prestazione insufficiente in sandanme. 
Appeso il mawashi al chiodo, Fernando Yoshinobu Kuroda – questo il suo nome di battesimo – tornò in Brasile dove ha aperto il ristorante di cucina giapponese Izakaya Kuroda nel quartiere Little Tokyo di São Paulo. Senza comunque allontanarsi dal mondo del sumo, come dimostra il fatto che aiutò Kaisei nel suo approdo verso la palestra Tomozuna.

Wakaazuma col suo connazionale Kaisei

Il terzo lottatore del gruppo a raggiungere la seconda divisione del banzuke fu Ryūkō Gō 隆涛 剛, sulla carta uno dei più promettenti. Luiz Go Ikemori infatti – questo il suo nome all’anagrafe – seguì un percorso molto più simile ad un classico lottatore giapponese, iniziando prima a studiare alla Takushoku University e poi prendendo parte al Japanese National Collegiate Sumo Championship, diventando il primo brasiliano a vincere il torneo. Questo ed altri risultati giovanili gli garantirono lo status di makushita tsukedashi, cioè fece il suo debutto nel professionismo direttamente in terza divisione (anziché la sesta) nel maggio ’92, e fu il primo straniero a meritarsi questo vantaggio. Fu anche il primo brasiliano a raggiungere la divisione jūryō,nel marzo ’94 restandoci in totale per 7 tornei e piazzando anche un 10-5 che gli valse la massima posizione di J8. La sua esperienza da sekitori ebbe una brusca frenata quando nel settembre ’95 Ryūkō si fratturò l’omero e gli epicondili del gomito destro, ritirandosi dal torneo dopo tre giorni. Così si concluse la sua carriera in jūryō, mentre quella di rikishi durò fino al gennaio ’99. 

Durante le Olimpiadi Invernali di Nagano 1998 – a differenza di quanto accaduto a Tokyo 2020, con gran rammarico di Hakuhō – ai rikishi fu permesso di sfilare durante la cerimonia di apertura assieme agli atleti del proprio paese, e fu quanto fece Ryūkō con i suoi connazionali brasiliani, nonostante all’epoca non era più sekitori.
Acquisita la cittadinanza giapponese il 22 aprile 1996 – stessa data di Akebono – attualmente Ryūkō Gō vive e lavora a Tokyo. 

Ryudo guida gli atleti del suo paese natale alle Olimpiadi di Nagano 1998

Nel gruppo di sudamericani della Tamanoi heya vanno ricordati anche Kitaazuma Kiyoshi 北東 清 e Azumakaze Futoshi 東風 太士. Il primo perché vinse il titolo Jonokuchi al debutto, nel novembre ’91, dopo un play-off a sei rikishi, inclusi i suoi connazionali e compagni di palestra Kuniazuma e Wakaazuma (futuri lottatori jūryō). Azumakaze invece – debuttante anche lui in quel torneo – è di origini italiane (da Lucca) il ché fa di lui il secondo lottatore con sangue italiano dopo il già citato Hakusan. Giuliano Kochinda Tsusato, nato e cresciuto a Sao Paulo, già nel suo paese iniziò ad allenarsi in un sumo club, e dopo un paio di viaggi in Giappone venne preso dalla palestra Tamanoi, gestita dall’ex Sekiwake Tochiazuma.Faticò nei suoi primi due anni di professionismo, e raggiunse la divisione Sandanme nel maggio ’94 senza più uscirne per il resto della carriera. Il best ranking di Azumakaze è Sd29 nel maggio ’97 mentre a livello di fisico, aumentò progressivamente sempre di più la sua stazza arrivando a 178 cm e 170 kg pochi mesi prima del suo ritiro avvenuto nel gennaio ’99 a causa di un infortunio alla gamba. Le notizie più recenti su di lui, datate 2009, dicono che possiede un bar nel quartiere Roppongi di Tokyo.

La sua grande dedizione verso lo sport emerge da queste sue parole, dette in un’intervista a Reed Young: Il sumo è uno sport che richiede una completa abnegazione di sé e segue le più rigide regole sociali. Imparare questa tradizione è stata una grande sfida per me. Mi alzavo di notte per fare allenamenti extra. Mi ci sono voluti tre mesi per imparare la lingua. Il mio oyakata (maestro) e sua moglie facevano parte della mia famiglia. Ma non li vedo da otto anni da quando ho smesso. Sai perché? Perché devo crescere. Non sono ancora pronto per vederli, perché devo mostrare loro quella che è diventata la mia nuova vita. Andrò a trovarli al momento giusto, probabilmente quando aprirò un altro bar”.

Azumakaze nel suo bar a Roppongi, Tokyo (Credits: Reed Young)

Nella seconda parte dell’articolo, racconteremo la storia di Kaisei Ichirō, all’anagrafe Ricardo Sugano, nato a São Paulo il 18 dicembre 1986 e ritiratosi nel settembre 2022, dopo sedici anni vissuti da lottatore di sumo.

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