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Il Brasile nel sumo pt.2: Kaisei fa la storia

Avevamo raccontato in questo articolo la storia dei primi lottatori di origini brasiliana ad approdare nel mondo del sumo, con la tradizione iniziata da Tatsunishiki, addirittura nel 1967. Con il passare degli anni, oltre ad aumentare il numero, è aumentato anche il livello dei rikishi che compirono la traversata oceanica dal Brasile verso il Giappone, e nei primi anni ’90 arrivarono i primi sekitori, capaci di raggiungere la divisione Jūryō. Il vero salto di qualità però c’è stato negli anni successivi, e in questa seconda parte della storia vorremmo parlarvi proprio di Kaisei Ichirō, unico lottatore capace di issarsi fino alla posizione di sekiwake e ritiratosi nel settembre 2022.

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Prima di lui però, cronologicamente, abbiamo altri tre rikishi. Uno è Kotonomori Takamori 琴乃盛 隆盛, attivo solamente per quattro tornei, nel 1999, dove ha sempre fatto registrare un saldo positivo di vittorie. Ma evidentemente questo non è stato sufficiente a convincerlo a proseguire una carriera in questo sport: da jonidan 69 infatti non ha preso parte al torneo di gennaio 2000, annunciando il suo ritiro e lasciando la Sadogatake-beya per tornare in patria.

Decisamente più fruttuosa invece è stata la carriera di Takaazuma Katsushige e Kaishin Kikuzo, entrambi esordienti nel 2004.

Takaazuma Katsushige 孝東 克重 nato a Guarulhos, Sao Paulo nel 1981, iniziò a prendere dimestichezza con il sumo nell’Accademia di Sao Paulo assieme ad altri brasiliani di origini giapponesi e, come si legge in questo articolo tratto dal blog sumobrasileiro, si fece notare “per la grande forza fisica, il piacere nell’allenarsi; per il carisma; e le sue doti esplosive nella corsa” fino a ricevere una convocazione dalla palestra Tamanoi, destinazione in passato del folto gruppo di rikishi brasiliani degli anni ’90. Christiano Luis de Souza, questo il suo nome di battesimo, esordì nel torneo di maggio 2004 assieme agli estoni Baruto and Kitaoji, facendo registrare un dignitosissimo 6-1 replicato per altri due basho. Dopo cinque kachi-koshi consecutivi tuttavia è arrivato il primo infortunio a tenerlo fermo per un torneo, impedendogli di lottare nella divisione Makushita. Purtroppo riuscì a tornare a quel livello solamente dopo oltre due anni, nel novembre 2007, dovendo gestire nel frattempo ulteriori infortuni. La più alta classifica Takaazuma l’ha raggiunta nel marzo 2008 come makushita 24, ma un netto 1-6 non gli ha permesso di fare il salto ulteriore, e dopo il torneo di settembre di quell’anno è arrivato il suo ritiro, annunciato a sorpresa a 27 anni.

Takaazuma Katsushige [fonte]

Troppi infortuni hanno minato la sua carriera da lottatore ma non il suo spirito di brasiliano in giappone, e ancora adesso Takaazuma risiede a Tokyo. Le ultime notizie lo danno come gestore di un furgone paninoteca, Polpetta Rotisserie Chicken (qui la pagina Facebook), sposato con una giapponese e padre di tre figli. Nel 2015 poi ha dato prova di grande umanità aiutando a riparare i danni dopo la grave inondazione a Jōsō, Ibaraki, zona dove risiede. Grazie alla sua competenza in giapponese, portoghese, inglese, cinese e spagnolo, è stato in grado di aiutare altri stranieri ripristinando proprietà danneggiate, facendo traduzioni e lavori di riparazione [fonte].

Sempre nel 2004, ma nel torneo di gennaio, ha fatto il suo esordio nel sumo Kaishin Kikuzo  魁心 菊三. Nato a Para nel 1986, ha sùbito mostrato una propensione verso questo sport vincendo un torneo amatoriale in Brasile; e le sue discendenze giapponesi gli hanno permesso, tramite uno zio, di entrare in contatto con Tomozuna Oyakata (ex-sekiwake Kaiki). Con il ritiro dello statunitense Sentoryū Henri, si è aperto un posto per un lottatore straniero nella palestra Tomozuna, prontamente preso da Kaishin. 

Purtroppo l’andamento della sua carriera non si discosta troppo da quello del suo connazionale Takaazuma, con l’unica differenza che è durata qualche anno in più. Anche Kaishin (inizialmente con lo shikona Kainohama 魁ノ浜) ha iniziato con una serie di kachi-koshi, tanto da arrivare a giocarsi ai play-off il titolo jonidan nel gennaio 2005. La sua salita nel banzuke è stata inframezzata da svariati infortuni e nel maggio 2010, con un fisico da 185 cm e 160.8 kg, ha fatto il suo esordio in Makushita, la terza divisione. È riuscito in questo traguardo in altre due occasioni senza però mai produrre un record positivo di vittorie, e finendo per ritirarsi dopo il torneo di gennaio 2012 terminato con il quinto make-koshi consecutivo e il declassamento in Jonidan dopo quattro anni. 

Kaisei, Pele e Kaishin (circa 2011) [fonte]

Kashin, come Takaazuma, prediligeva uno stile di lotta più incentrato sulle prese al mawashi piuttosto che spinte dirette, ottenendo la maggior parte delle sue vittorie per yorikiri. Chiusa la carriera nel sumo con un best ranking da makushita 49, Kaishin è passato alla ristorazione lavorando come cameriere nel ristorante del suo ex compagno di palestra Kaishoryu. La sua storia è direttamente connessa con quella di Kaisei Ichirō – il vero protagonista di questo articolo – perché Kaishin prendendo la cittadinanza giapponese quando era ancora un rikishi, ha permesso alla sua palestra di reclutare altri lottatori stranieri e la scelta ricadde sul promettente Kaisei.

Wakaazuma col suo connazionale Kaisei

Ricardo Sugano è nato a San Paolo il 18 dicembre 1986 e da ragazzino non mostrava affatto un interesse verso il calcio, preferendo piuttosto sport da contatto come il judo. A 16 anni, considerando la sua notevole stazza, gli venne suggerito di partecipare ai campionati amatoriali brasiliani di sumo, dove vinse la competizione nella categoria senza limiti di peso. Questo risultato lo spinse a continuare gli allenamenti sotto la supervisione di Wakaazuma (ex jūryō di cui avevamo raccontato la storia in questo articolo) e ad approfondire la conoscenza di questa disciplina, ma il modo più efficace per farlo era andare direttamente alla fonte, cioè il Giappone. Le conoscenze di Wakaazuma, ritiratosi nel 2003, gli permisero di entrare in contatto con la Tomozuna-beya – la stessa di Kaishin – e venne accolto come lottatore nel 2006.

La presenza del suo connazionale nella palestra agevolò molto l’adattamento di Ricardo in un paese straniero, mentre per quel che riguarda la dieta non fu un problema visto che suo nonno, di nazionalità giapponese, già gli preparava piatti giapponesi quando vivevano in Brasile. E proprio per onorare Ichirō, il suo defunto nonno, Ricardo prese il nome di Kaisei Ichirō 魁聖 一郎.

Dopo un primo torneo nel settembre 2006 in maezumo, Kaisei a 19 anni ottenne in quello successivo un record di 6-1, con un fisico da 193 cm e 146 kg. Le buone prestazioni si ripeternono nei tornei successivi e nonostante qualche make-koshi, approdò stabilmente in makushita nel giro di due anni. Anche qui non sono mancati gli alti e bassi e per poco non ci scappò anche il titolo. Nel settembre 2009, col rango di Ms46, ottenne sette vittorie su altrettanti incontri e si giocò tutto in un play-off con il georgiano Ms10 Gagamaru che vinse il torneo. Successivamente a Kaisei gli ci vollero tre 5-2 consecutivi per uscire finalmente dal purgatorio del sumo, e fare il suo ingresso tra i sekitori (cioè i lottatori che ricevono uno stipendio mensile). L’esordio in Jūryō (quarto del suo paese a raggiungere questo traguardo) avvenne nel luglio 2010 e per i successivi 12 anni non è più sceso, diventando non solo il lottatore brasiliano di maggior successo ma anche il più longevo.

A novembre 2010, al terzo torneo in questa categoria, vinse il titolo Jūryō – il primo e unico della sua carriera – con il record di 11-4 seguito da un play-off a tre con Tochinowaka and Toyohibiki, battuti entrambi da Kaisei. Nel torneo successivo, un record di 8-7 da J1 gli fu sufficiente per entrare in Makuuchi, la massima divisione.

Il debutto nella Serie A del sumo fu scoppiettante: il 24enne Kaisei vinse infatti i primi 9 incontri come maegashira 16, risultato che non si vedeva dai tempi di Sadanoumi nel 1980, mantenendo un testa a testa con lo Yokozuna Hakuho. Ad infliggergli la prima sconfitta, nel decimo giorno, fu il georgiano Tochinoshin, impedendogli di avvicinarsi al record di Taiho che nel 1960 al debutto in Makuuchi arrivo a 11-0. In ogni caso, Kaisei terminò il Natsu Basho con un dignitosissimo 10-5, tanto da meritarsi il premio per lo Spirito Combattivo, e l’onore di ricoprire il ruolo di tsuyuharai per la cerimonia di ingresso dello Yokozuna Hakuhō, nonché portatore della bandiera durante le parate. “Ero nervoso ma Hakuho mi ha detto che ho fatto un buon lavoro. Sono rimasto accovacciato molto più a lungo di quanto mi aspettassi. È stato difficile. Ma lo Yokozuna è sembrato soddisfatto”, disse Kaisei all’epoca.

Kaisei è portabandiera di Hakuho dopo aver ottenuto un ottimo record di 10-5 al suo debutto in makuuchi (Maggio 2011)

Tuttavia le pressioni esterne tipiche di questo sport iniziarono a manifestarsi già al torneo successivo, quando il suo compagno di palestra, il veterano Ozeki Kaiō, annunciò il ritiro, rendendo quindi Kaisei il rikishi dalla classifica più alta nella sua heya. Il brasiliano non reagì bene, e quattro make-koshi consecutivi lo riportarono in Jūryō. La permanenza il seconda divisione durò appena un torneo e nei tornei successivi le sue qualità vennero premiate con un secondo Kantō-shō (a fine carriera saranno tre).

Negli anni successivi si alternarono record positivi a record negativi, certificando comunque il suo status da lottatore di massima divisione. L’apice in termini di classifica venne toccato nel 2016 quando a maggio entro in san’yaku per la prima volta (diventando il primo della sua palestra a riuscirci dopo Kaiō), e con un 8-7 venne promosso a Sekiwake due mesi più tardi. Disputò un unico torneo da Sekiwake non riuscendo a centrare il kachi-koshi, sconfitto nell’ultimo giorno dall’allora Ozeki Terunofuji in un match dove entrambi erano 7-7.

Rimasto lontano dai problemi fisici per tutta la sua carriera, il primo infortunio avvenne durante un allenamento con Hakuhō, in preparazione al torneo di marzo 2017. Un problema al ginocchio gli impedì di salire sul dohyo per i primi giorni di torneo, interrompendo una striscia di 739 incontri consecutivi dal suo esordio nel sumo. Questo problema si ripercosse sulle sue prestazioni, tanto da fare un altro breve passaggio, della durata di un torneo, in seconda divisione. La risalità fu rapida, e addirittura nel marzo 2018 da maegashira 6 chiuse con un 12-3, la sua miglior prestazione in assoluto. Sconfitto solamente da Ichinojō, Endō e dallo Yokozuna Kakuryu, Kaisei finì secondo nel torneo (assieme a Takayasu) dietro il vincitore Kakuryu.

Col passare dei mesi aumentarono anche i problemi fisici per il lottatore brasiliano. Prima un infortunio al polpaccio sinistro gli impedì di disputare per intero il torneo di novembre 2018 da Komusibi; poi si susseguirono problemi al tendine del bicipite destro (accusato durante un match contro Ryuden nel maggio 2019) e al braccio destro, che gli costarono l’ennesimo declassamento il seconda divisione. Infine la positività al covid di un suo compagno di palestra lo tenne fuori per tutto il torneo di gennaio 2021 (unica volta in 16 anni di carriera che ha saltato un basho per intero). Tornato in Jūryō per l’ultima volta nel marzo 2022 ha fatto registrare solamente 15 vittorie in tre tornei, e in vista di un suo declassamento in Makushita, Kaisei Ichirō ha annunciato il ritiro nell’agosto 2022.

È grandioso esser arrivato così lontano nel sumo ma allo stesso tempo è un sollievo annunciare il ritiro“. Come detto, l’idea di scendere in terza divisione dopo oltre un decennio non lo stuzzicava affatto. “In molti mi hanno spinto affinché continuassi e ottenessi le 4 vittorie necessarie per risalire tra i sekitori, ed essendo a malapena infortunato, avrei anche potuto farcela. Ma il fatto è che mi sono indebolito in generale, e la forza non è qualcosa che ti può ritornare“.

Nella conferenza tenuta dopo aver annunciato il ritiro, Kaisei ha aggiunto: “Gli ultimi 16 anni sono volati via in un batter d’occhio, e quanto mi sono divertito fino a questi ultimi mesi“. Parlando del suo più bel ricordo come lottatore non ha avuto dubbi: Battere l’ozeki Takayasu nell’ultimo match di giornata, nel torneo di luglio 2018, day 10. Fino a quel momento mi era capitato di disputare qualche match conclusivo di giornata, ma senza mai riuscire a vincere. L’atmosfera era tutt’altra cosa quando filamente ce l’ho fatta; i fan sono stati fantastici quel giorno e non avrei potuto farcela senza”. In vista della sua carriera da allenatore, col nome di Tomozuna Oyakata, ha aggiunto: “Non voglio che i miei allievi pensino solo a migliorare il loro sumo, ma anche all’approccio nella vita quotidiana, e sopratutto come mostrare riconoscenza verso i fan”.

Ottenuta la cittadinanza giapponese nel 2014, Kaisei ha quindi potuto ereditare il titolo di Tomozuna Oyakata, appartenuto precedentemente al suo allenatore e rimasto vacante proprio poco prima del suo ritiro. La palestra a cui è affiliato ora risponde al nome di Ōshima-beya.

Sposatosi nel luglio 2020 con una donna giapponese dopo cinque anni di fidanzamento, adesso Kaisei puoi alternare la vita familiare a quella di allenatore, mantenendo sempre la consapevolezza di aver scritto la storia del sumo per il suo paese. Infatti Kaisei è il primo brasiliano a raggiungere la divisione Makuuchi, il primo brasiliano a raggiungere il San’yaku e il primo brasiliano a ottenere il riconoscimento di oyakata, traguardi di cui il suo paese deve essere orgoglioso.

Chiudiamo con uno sguardo al futuro, perché se è vero che al momento non ci sono lottatori brasiliani nel banzuke, ce n’è uno le cui origini rimandano al pease sudamerico. Si tratta di Lucas Kazuo Iima, 23 anni, ex giocatore di rugby alla Nagoya University of Economics. Con il nome di Agora, questo rikishi con 184 cm per 147 kg è una delle otto reclute introdotte nel sumo professionistico a dicembre 2022; e a gennaio di quest’anno ha fatto il suo esordio nel mae-zumo, vincendo l’ultimo incontro dopo quattro sconfitte. Appartenente alla Ajigawa-beya (che conta appena due lottatori), Agora disputerà il torneo di marzo col ranking di Jonokuchi 15 il terzultimo posto in assoluto del banzuke. La strada verso la cima è lunga e ardua, tuttavia non dovrà scoraggiarsi perché come abbiamo appena visto, c’è chi l’ha già percorsa prima di lui e ciò dev’essere fonte d’ispirazione.

Shishi dall’Ucraina: cuor di leone

Persino il tradizionale sumo non può esimersi dal faccia a faccia con i fatti di cronaca. Raccontiamo la storia di Shishi, il primo lottatore professionistico ucraino a mettere piede su un dohyō

Articolo: Paolo Di Lorito

Il sumo, per quanto la Japan Sumo Association possa essere infastidita dalla cosa, è uno sport sempre più internazionale e – come abbiamo imparato a conoscere in questi articoli dedicati ai lottatori della Mongolia e della Georgia – durante i tornei non mancano affatto rikishi stranieri. Oltre a nazioni che foraggiano le palestre con un grande numero di talenti, ci sono anche paesi che non riescono ad andare oltre l’unità, ma può capitare eccome che quel singolo lottatore, in una naziona per lui straniera e lontano da ogni suo connazionale, possa fare strada. Questo è ciò che sta provando a fare 獅司 大 Shishi Masaru, all’anagrafe Sergey Sokolovsky.

Sergey è nato in Ucraina il 16 gennaio 1997 a Melitopol, nel 2014 ha dominato i campionati nazionali di sumo del suo paese, nel 2017 ha vinto i campionati europei, nel 2018 è arrivato secondo ai mondiali negli Stati Uniti, nel 2019 si è trasferito in Giappone e dal 2020 è il primo lottatore professionista di nazionalità ucraina a prendere parte ai tornei sul suolo giapponese. Una crescita costante, senza picchi e soprattutto senza intoppi, agevolata da un fisico imponente e ben allenato: 183cm ai quali corrispondono un peso che oscilla tra i 155 e i 170 fatti registrare in patria nel 2016.

Considerando gli eventi infausti che sta attraversando il suo paese, è inevitabile che per Shishi questa esperienza negli ultimi mesi deve aver raggiunto un livello di difficoltà inimmaginabile per una persona estranea ai fatti. E dunque questo rimarca ancor di più la grande tenacia che ha mostrato sul dohyō durante i suoi incontri. Il pubblico di Osaka – nonostante il Giappone a conti fatti sia estranea alle dinamiche europee – ha percepito eccome la situazione emotiva del rikishi, e il suo calore è stato evidente. Come testimoniano i presenti, un’arena mezza vuota ha sostenuto il 25enne con tanti applausi da far sembrare che fosse piena, e lui li ha ripagati con delle prestazioni impeccabili. All’haru basho occupava la posizione di makushita 8 e ha chiuso con un felicissimo record di 6-1, per il quale verrà ricompensato con un bel passo in avanti in classifica.

塚原 Tsukahara vs 獅司 Shishi (Osaka Basho 2022 – day 7)
L’ottimo torneo di Shishi è stato macchiato da una singola sconfitta, proprio quando ero spettatore nel tamari-seki.

Nella parte iniziale della sua carriera nel sumo, uno dei principali problemi che riguardavano il suo stile di lotta era la posizione del corpo troppo accovacciata, che sì può essere utile ad evitare prese frontali al mawashi, tuttavia impedisce di spingere con la massima potenza. Negli ultimi tempi Shishi ha optato per una posizione del corpo più alzata durante i combattimenti. Per quel che riguarda il tachi-ai invece certe volte predilige una posizione più bassa dando precedenza nell’impatto alla testa, ed altre volte lavora di più con il suo ampio petto; il prossimo passo sarà abbinare lo stile a seconda dell’avversario.

Sergei Sokolovsky con l’allenatore Ruslan Kuksov nel 2014 [fonte]

I primi risultati che hanno fatto subito abbinare il termine ‘talento’ alla figura di Shishi, sono arrivati come detto nel 2014. Ai campionati nazionali ucraini, l’allora 17enne Sergey portò a casa otto medaglie, cinque d’oro e tre di bronzo, andando a meritarsi i primi articoli e le prime attenzioni da parte della stampa. Negli anni successivi, sempre nel suo paese, ottenne un grande successo anche in una disciplina a dir poco sconosciuta al grande pubblico che si chiama mas-wrestling. In questo sport legato alla tradizione jacuta, i due contendenti sono seduti uno di fronte all’altro e, puntellando con i piedi su un’asse di legno, devono tirare un bastone tenuto nelle mani di entrambi. La vittoria viene dichiarata quando un concorrente riesce a tirare il suo avversario oltre l’asse di legno e tenere il bastone nelle sue mani.

Sergey Sokolovsky durante un incontro di mas-wrestling nel 2016 a Kharkov, Ucraina [fonte]

Potete immaginare quanto, soprattutto in queste discipline, la sua stazza gli abbia dato una grossa mano, e Shishi ha continuato a farla fruttare al massimo lavorando duro e ottenendo risultati degni di nota anche in campo internazionale. In particolare fu ai campionati mondiali del 2018, negli Stati Uniti, dove lasciò un segno definitivo seppur senza vincere un oro. Bastarono il bronzo nella categoria pesi massimi e l’argento nel peso assoluto per aprirgli definitivamente la strada verso il Giappone, mettendosi al servizio del gotha del sumo. Il tanto atteso trasferimento è stato salutato in patria da una festa tenutasi all’ambasciata giapponese in Ucraina, e già in quell’occasione si iniziò a parlare della palestra in cui sarebbe andato a vivere e dei suoi futuri obiettivi.

Sergei Sokolovsky all’US Sumo Open nel 2018 [fonte]
Shishi con 若藤 Wakafuji-oyakata (ex maegashira 皇司 Ōtsukasa) [fonte]

Alla fine la sua nuova dimora è diventata l’Irumagawa Beya (入間川部屋) e ovviamente la barriera linguistica ha reso complicato il suo adattamento (per parecchio tempo ha dovuto continuare ad affidarsi a Google Translate per comunicare con i suoi colleghi rikishi e i suoi superiori). L’intero 2019 Shishi l’ha passato ad allenarsi in palestra per prepararsi al meglio al suo esordio, e alla fine ha fatto la sua prima apparizione pubblica dopo tanti mesi a settembre. In occasione del senshūraku – la cerimonia che accompagna il 15esimo giorno di torneo – il lottatore ucraino è stato presentato assieme ai suoi compagni di palestra e da quel momento in poi si sono accelerati i preparativi per il suo esordio nel sumo professionistico.

Shishi (in pantaloncini e t-shirt) al party senshūraku della palestra Irumagawa per l’Aki basho, settembre 2019 [fonte]

Superato nel mese di dicembre 2019 il shindeshi-kensa, la visita medica che ogni nuovo rikishi deve superare prima di poter competere professionalmente, Shishi ha fatto il suo ingresso nel banzuke nel 2020 esordendo al torneo di luglio, alla posizione di Jonokuchi 14. Il suo primo impatto col sumo sul suolo giapponese è stato superbo: ha chiuso con un notevole 6-1 i primi basho della sua carriera. La rapida ascesa l’ha portato fino alla terza divisione in meno di un anno. A marzo 2021 Shishi si è presentato da Makushita 44 continuando a macinare vittorie stupendo pubblico e colleghi. Con un solo make-koshi fatto registrare finora in carriera – 1-5-1 nel settembre 2021 – attualmente il lottatore ucraino è uno dei pretendenti a fare il salto verso il paradiso del suo tra i salariati. Dopo l’ennesimo 6-1 ottenuto a marzo 2022 da Makushita 17, la sua crescita sta entrando nel vivo. Arrivato in Giappone con una criniera ancora tutta da farsi, con l’allungarsi dei capelli la sua vera forma di rikishi si è fatta spazio, e adesso Shishi può dare sfogo al significato del suo nome: un leone pronto a lottare sul dohyō.

Il racconto della storia di Sergey Sokolovsky ci riporta con le sue gesta, e ora più che mai con le sue origini, agli eventi di attualità. Melitopol, che nel 1997 ha dato i natali al primo lottatore di sumo ucraino, ora è un inerme palcoscenico di guerra. Come si legge in questo articolo, esattamente 12 mesi fa quella città si apprestava ad ospitare il primo torneo nazionale giovanile di sumo, mentre ora lì si lotta per la vita. Per concludere ci affidiamo alle parole di chi cerca di portare avanti progetti positivi come il sumo, anche in mezzo alle difficoltà. “Oggi (12-4-2021) Melitopol è molto interessato allo sviluppo del sumo. Il successo di un atleta locale, Sergei Sokolovsky a livello internazionale, ha suscitato un’ondata di interesse per questa arte marziale giapponese in città. Ci sono molti allenatori professionisti qui. E nel prossimo futuro verrà aperto un dipartimento di sumo locale, – affermava Anton Karnaukh, presidente del consiglio di amministrazione di HortA, sponsor dell’evento – Quindi il campionato ucraino sarà uno dei modi per promuovere il sumo a Melitopol. Vogliamo dimostrare che questo non è uno sport di persone grasse e paffute, il sumo può essere praticato da ragazzi e ragazze di qualsiasi corporatura, è uno sport molto interessante, spettacolare e promettente con tutte le possibilità di diventare un’Olimpico”.

Come la tradizionale Georgia ha sfondato nel sumo: pochi ma buoni

Articolo: Paolo Di Lorito

La ricetta vincente dei lottatori georgiani è semplice: arti marziali e sollevamento pesi, due discipline fondamentali per avere successo nel sumo. Vediamo come Tochinoshin, Gagamaru e Kokkai hanno fatto fruttare le loro origini

Dopo aver raccontato dell’influenza che la Mongolia ha avuto nel sumo a partire dagli anni ’90, continuiamo il nostro tour mondiale per vedere quali altre nazioni hanno contribuito a rendere grande e ancora più globalizzato lo sport nazionale del Giappone. Ora è il turno della Georgia la quale seppur ha foraggiato il banzuke con solamente quattro lottatori, merita grande riconoscimento perché tre di questi hanno raggiunto la categoria San’yaku e uno di essi ha addirittura vinto un titolo Makuuchi. Ma andiamo con ordine: i quattro rikishi provenienti dalla nazione dell’Europa Orientale (con il relativo anno di debutto nel sumo professionistico) sono 黒海 Kokkai Futoshi (2001), 臥牙丸 Gagamaru Masaru (2005), 司海 Tsukasaumi Joji (2005), e 栃ノ心 Tochinoshin Tsuyoshi (2006).

La Georgia, che geograficamente appartiene all’Asia mentre culturalmente è più legata all’Europa Orientale, si è vista riconoscere l’indipendenza dall’Unione Sovietica il 25 dicembre 1991 ed è una nazione fortemente legata alle tradizioni, molte delle quali sfociano nell’ambito sportivo. Su tutte vanno citati il lelo burti e il khridoli. Il lelo burti è uno sport folkloristico paragonabile al rugby dove una grossa e pesante palla viene lanciata tra la folla creando mischie di persone che cercano di strapparsela a vicenda, mentre il khridoli è un’arte marziale estremamente variegata che alle mosse di boxe e wrestling aggiunge anche l’utilizzo della spada, dello scudo e dell’arco. Col tempo si è aggiunto uno nuovo sport alla tradizione georgiana, il sollevamento pesi, e in questo modo si è delineato il profilo sportivo di questa nazione dedita al combattimento e alla forza fisica (caratteristiche riconoscibili nei suoi rikishi). I risultati ai Giochi Olimpici infatti parlano chiaro: in sette partecipazioni gli sport dove la Georgia primeggia sono judo (4 ori, 5 argenti, 3 bronzi), sollevamento pesi (3, 1, 3) e lotta greco-romana (3, 6, 10).

Ora torniamo al sumo. Eccezion fatta per Tsukasaumi – fratello minore di Kokkai, perseguitato dagli infortuni che partecipò attivamente solamente a quattro tornei, perdendo un titolo Jonidan ai play-off e facendo registrare come miglior posizione Sandanme 18 – gli altri tre hanno avuto una carriera lunga e di successo, con il 34enne Tochinoshin l’unico di essi ancora attivo.

Il primo ad approdare in Giappone fu Levan Tsaguria che come molti altri lottatori di sumo discende da una famiglia di sportivi; il padre infatti era istruttore di wrestling e fu lui il suo primo allenatore. La passione per il sumo del giovane georgiano si consolidò durante la partecipazione nel 1998 ai World Amateur Sumo Championships di Riese, Germania, e dopo questa esperienza si trasferì a Tokyo entrando nella palestra Oitekaze. Per mitigare la lontananza dal suo paese natale gli fu dato il nome Kokkai, che significa Mar Nero, e con questo shikona debuttò nel luglio 2001 ottenendo subito brillanti risultati. Gli ci vollero poi undici basho per raggiungere la seconda divisione, e al suo quarto torneo in Jūryō vinse il titolo (che poi si rivelò essere il più prestigioso della sua carriera) con un record di 14-1.

Kokkai non amava eccessivamente radersi, tanto da aver ricevuto in qualche occasione richiami dal suo capo-palestra di tagliarsi la barba

Con la successiva promozione in Makuuchi nel gennaio 2004, Kokkai divenne il primo lottatore caucasico a raggiungere la massima divisione del sumo e ci rimase stabilmente per sette anni consecutivi. A 30 anni iniziò la fase discendente della sua carriera, e dopo un ulteriore riassaggio di Jūryō decise di ritirarsi nel settembre 2012 a causa dei troppi infortuni che gli rendevano impossibile esprimersi al massimo delle sue possibilità. Il tema infortuni purtroppo è strettamente legato ai lottatori georgiani i quali, dotati di un fisico massiccio e imponente, hanno fatto tutti della forza fisica la loro arma principale. Kokkai a causa di un problema al collo cercò di ampliare il suo arsenale modificando il suo sumo sostituendo i muscoli con la tecnica. Ed è anche grazie alla sua abilità sviluppata con tempo nell’afferrare il mawashi dell’avversario che ricevette due premi per lo spirito combattivo e conquistò due kinboshi per le sue vittorie sullo Yokozuna 朝青龍 Asashōryū.

Cronologicamente parlando dopo Kokkai fu il turno di Gagamaru, al secolo Teimuraz Jugheli, ad approdare in Giappone e lo fece nel 2005 in occasione dei World Junior Sumo Championships di Osaka. Lui veniva dai titoli vinti in gioventù sia nel judo che nel sambo (arte marziale russa) e le sue ottime prestazioni attirarono l’attenzione della palestra Kise che lo fece debuttare nel novembre 2005 a 18 anni. I suoi primi anni nel sumo furono segnati da un grave lutto personale: nel 2006 suo padre morì in un incidente d’auto in Georgia proprio nel periodo in cui Gagamaru stava pianificando un viaggio di ritorno per andare a trovare la famiglia dopo la sua lunga assenza. Questo evento inizialmente lo scoraggiò tanto da spingerlo ad abbandonare la sua carriera da sumotori, ma una volta appreso quanto il padre tenesse alla sua carriera in questo sport, si decise ad onorarlo con i risultati.

Nel 2009 infatti dopo un 7-0 e il titolo in Makushita, ottenne la tanto desiderata promozione in Jūryō e al secondo torneo tra i salariati arrivò anche un altro titolo col record 12-3. L’approdo nella massima divisione avvenne nel luglio 2010 e dopo i continui alti e bassi che caratterizzarono la sua carriera, nel gennaio 2012 fece registrare la sua prestazione migliore: un 12-3 che lo fece arrivare secondo alla corsa al titolo, e da Maegashira 10 gli valse il premio per spirito combattivo (il secondo) nonché la promozione a Komusubi. In quel caso l’hatsu basho fu vinto da 把瑠都 Baruto e proprio contro l’estone, Gagamaru nel 2011 mise a segno una delle sue vittorie più memorabili assieme a quella sullo Yokozuna 日馬富士 Harumafuji nel 2015, come ha confermato lui stesso. Nella categoria San’yaku ci durò solo un torneo (6-9) ma in ogni caso il suo viaggio nel mondo del sumo fu memorabile tanto da attirare l’attenzione dei fan che lo accoglievano come uno dei più amati. Personaggio riconoscibile anche per la sua stazza (raggiunse l’apice con 212 kg) lui non apprezzo mai le attenzioni ricevute per questo suo aspetto, tanto da non presentarsi a diverse pesature ufficiali. Dopo svariati sali-scendi tra prima e seconda divisione e un 2020 passato quasi esclusivamente out per infortunio, nel novembre di quell’anno annunciò il ritiro citando problemi cronici al ginocchio come causa di questa decisione.

Passiamo ora al piatto forte: Tochinoshin, uno dei lottatori più amati degli ultimi venti anni (Yokozuna inclusi). Anche per Levan Gorgadze il primo impatto con il Giappone non fu facile e nonostante risultati impressionanti nei tornei amatoriali giovanili fu sia difficile per lui adattarsi ad una cultura così estranea, sia complicato per le palestre accogliere uno straniero con così poca esperienza nel mondo del sumo. Alla fine venne arruolato dalla Kasugano-beya e il giovane Tochinoshin ebbe il merito, a differenza di altri lottatori est-europei, di seguire gli insegnamenti del suo allenatore che lo portarono a sviluppare uno stile di combattimento meno incentrato sulle prese stile judo bensì più sulla potenza e sui movimenti in avanti. Superato lo scoglio della lingua, grazie anche all’aiuto di Kokkai e della moglie del suo capo-palestra, potè iniziare a mettere in mostra tutto il suo potenziale che lo portarono ad ottenere dal suo esordio (maggio 2006) 12 tornei consecutivi con un record positivo di vittorie. Durante questa cavalcata arrivò il titolo Jūryō (il primo dei tre) e la promozione nella massima divisione.

La sua presa esterna col braccio sinistro diventò presto il suo marchio di fabbrica e, abbinata ai suoi straordinari muscoli, gli permise di lottare alla pari con chiunque. Facciamo notare infatti che oltre il 55% delle sue vittorie in carriera sono arrivate con le mosse yorikiri/yoritaoshi: una volta che il georgiano afferra il mawashi è difficile evitare di indietreggiare. Nel maggio 2010 batté quattro Ozeki consecutivamente diventando solamente il secondo lottatore della storia al di sotto dei Sekiwake a riuscirci, dopo 益荒雄広生 Masurao Hiroo nel marzo 1987. Il principale punto debole di Tochinoshin però si rivelò essere la sua integrità fisica e il primo grave infortunio avvenne nel 2013. Nella quinta giornata del torneo di luglio subì una distorsione del crociato anteriore destro nel match vinto contro Tokushōryū e quello resta l’ultimo match disputato dal georgiano senza il vistoso tutore al ginocchio che indossa ancora oggi.

Lo stop forzato durò tre tornei e al suo ritorno fu impressionante: due titoli Makushita e due titoli Jūryō vinti consecutivamente perdendo due soli incontri su 44, e nuovo approdo nella massima divisione datato novembre 2014 dalla quale fino ad oggi non è più uscito. Col tempo iniziarono ad arrivare le prime kinboshi e i primi premi per la tecnica (quelli per lo spirito combattivo invece ne aveva conquistati a bizzeffe già a partire dal 2009), ma il suo fiore all’occhiello resta il torneo di gennaio 2018 quando da Maegashira 3 vinse il titolo Makuuchi col record di 14-1, dopo dodici anni dal suo debutto nel sumo avvenuto nel 2006. Questo fece di lui il primo Maegashira a vincere dal maggio 2012, il terzo europeo (e finora ultimo) a trionfare nella massima divisione dopo Kotoōshū dalla Bulgaria e Baruto dall’Estonia, e interruppe il digiuno della sua palestra di campionati vinti nella massima divisione che durava addirittura dal 1972. L’eco dell’enorme impatto che ebbe questo suo risultato giunse fino al suo paese natale tanto da meritarsi una medaglia d’onore.

Sull’onda della fiducia acquisita dopo quel torneo, Tochinoshin mise a segno due prestazioni brillanti nei successivi tornei tanto da meritarsi la promozione ad Ozeki con ben 37 vittorie in tre tornei. Questo fa di lui il rikishi che ha impiegato più tempo dal suo debutto a raggiungere la seconda carica più alta nel mondo del sumo. Come detto però i guai fisici per lui sono sempre dietro l’angolo e al primo torneo da Ozeki soffrì un infortunio all’alluce del piede destro costringendolo al ritiro; un altro infortunio, questa volta alla coscia destra patito in allenamento, minò la sua prestazione nel gennaio 2019 obbligandolo a ritirarsi dopo quattro giornate consecutive di sconfitte. Perse il suo rango di Ozeki tornando ad essere Sekiwake per il torneo di maggio 2019 e qui compì la sua ultima grande impresa. Una delle tante peculiarità della categoria Ozeki è che, una volta declassati, è possibile subito riacquisire il titolo se si ottengono 10 vittorie nel torneo successivo e questo è proprio ciò che riuscì a fare Tochinoshin. 

Il suo secondo regno da Ozeki durò ancor meno del primo – appena due tornei –  complici ovviamente ancora i noti problemi al ginocchio e un nuovo infortunio alla spalla; e il suo ultimo torneo con kachi-koshi (maggioranza di vittorie) risale a novembre 2020. Attualmente il 34enne fatica a trovare continuità nei risultati e la sua stamina sembra diminuire sempre di più basho dopo basho. Il forte sospetto è che ora Tochinoshin continui a lottare finché si trova nella massima divisione, e una sua discesa in Jūryō possa corrispondere col suo ritiro. Ovviamente ci si augura che questo possa accadere il più in là nel tempo possibile e, perché no?, con tutti questi grandi comeback (vedi Hakuhō e Terunofuji) non possa anche lui regalarci qualche sorpresa. Per il momento comunque ci accontentiamo di ammirare di tanto in tanto una delle sue dimostrazioni di straordinaria forza con cui afferra i suoi avversari e li accompagna fuori dal dohyō (assicurandosi che non vadano a finire sul pubblico), che subito ci fanno tornare alla mente i suoi grandi e meritati successi. Un rikishi georgiano che incarna appieno lo spirito giapponese.

In attesa che la Georgia ci regali nuovi lottatori in grado di abbinare doti da artista marziale a muscoli di sollevatore di pesi, la prossima tappa del nostro viaggio alla scoperta dei rikishi stranieri sarà il Sud America.

Le quattro ondate della Mongolia alla conquista del sumo

Prendendo spunto da un articolo dell’Internazionale, vediamo nel dettaglio le quattro ondate di rikishi mongoli verso il Giappone, con la prima datata 1992

Negli ultimi anni il sumo ha iniziato ad attrarre sempre più nuovi fan al di fuori del Giappone, e questo sta spingendo nuove testate giornalistiche ad informarsi sul tema in modo da approfondire alcuni aspetti per i suoi lettori. È questo il caso dell’articolo pubblicato sul numero 1445 del settimanale Internazionale a firma di Antonio Graceffo, scrittore americano esperto di arti marziali. Il tema del pezzo è l’influenza che ha avuto e sta avendo la Mongolia nell’evolversi di questa disciplina. Nel riportare alcuni passaggi dell’articolo articolo, abbiamo ampliato il tema vedendo più nel dettaglio quante e quali sono state le orde di lottatori mongoli che hanno arricchito il sumo moderno.

“Internazionale” 1445, pag. 52

Senza sbocchi sul mare, la Mongolia è un paese di appena 3,3 milioni di abitanti, ma durante il festival di Naadam – una celebrazione annuale dei tre tradizionali sport mongoli: la lotta bokh, il tiro con l’arco e la corsa dei cavalli – si esibiscono fino a ventimila lottatori al giorno. Gannyam Ganbold, 33 anni, proprietario della palestra Goldish nella capitale mongola Ulan Bator, è un ex lottatore di alto livello di sumo e di bokh. Ha vissuto in Giappone dal 2003 al 2006, allenandosi e partecipando a gare di sumo mentre frequentava il liceo a Fukushima. “I campioni di bokh mongolo di solito sono figli di campioni”, dice Ganbold. “Tre dei cinque yokozuna mongoli erano figli di campioni di bokh. In Giappone ci sono bambini che crescono allenandosi continuamente al sumo, ma è la forza che fa la differenza”.
I lottatori mongoli hanno un vantaggio fisiologico, proprio come i corridori degli altipiani keniani, che grazie all’acclimatamento riescono ad assorbire ossigeno con maggiore efficienza ad elevate altitudini. Se ci si aggiunge uno stile di vita spartano – seguire le mandrie al pascolo, trasportare acqua, rompere il ghiaccio e spaccare la legna – e una dieta quasi esclusivamente a base di carne e latte, avete tutti i prerequisiti necessari, dice Ganbold, per trasformare i ragazzi in lottatori possenti, con cosce incredibili e un’enorme capacità polmonare.
(articolo Internazionale)

In totale sono 67 nella storia i rikishi mongoli ad aver esordito nello sport nazionale del Giappone, ma l’approccio dei primi pionieri ovviamente non è stato facile. Come si vede dal grafico sottostante infatti, sono passati sette anni prima che qualcun altro seguisse l’esempio dei “fantastici 6” datato 1992.

La prima ondata di avanscoperta risale appunto al 1992 quando 6 giovani ragazzi riuscirono ad esordire come lottatori professionisti e vedere il loro nome scritto nel banzuke: tre di essi ebbero vita breve e a causa dello shock culturale non durarono che una manciata di tornei, mentre ebbero fortune ben diverse 旭天山 Kyokutenzan, e soprattutto 旭天鵬 Kyokutenhō e 旭鷲山 Kyokushūzan. Quest’ultimo è stato il primo lottatore della Mongolia a raggiungere la massima divisione Makuuchi nel settembre del 1996 – fermandosi poi al rango di Komusubi – e con la cifra record di 5 kinboshi è il lottatore del suo paese ad averne ottenute di più. Il connazionale Kyokutenhō invece fece ancora meglio in termini di ranking raggiungendo la posizione di Sekiwake e vincendo persino un titolo nella massima divisione nel maggio 2012. Come si evince dal nome, tutti facevano parte della stessa heya cioè la palestra Ōshima (大島部屋) e il gran merito della loro scoperta va attribuito all’ex Ozeki 旭國 Asahikuni Masuo che per primo decise di reclutare lottatori provenienti dagli altipiani mongoli. Con il suo pensionamento avvenuto nel 2012 per il sopraggiungere dei 65 anni di età, la palestra Ōshima si è dissolta.

L’allenatore Dandar Jamsran ha mandato in Giappone molti dei suoi giovani lottatori di bokh, di solito tra i 15 e i 16 anni. Jamsran dice che in Mongolia non esiste una vera e propria preparazione al sumo, ma una volta selezionati i ragazzi li fa lanciare l’uno contro l’altro più volte, come nel sumo, per rafforzare gambe e schiena. Li incoraggia anche a mangiare il più possibile per mettere su peso. “Per noi mongoli”, dice Jamsran, “c’è la responsabilità aggiuntiva di rappresentare il nostro paese”. (articolo Internazionale)

L’esperienza fu ripetuta ma questa volta in maniera molto più consistente: la seconda ondata di lottatori provenienti dalla Mongolia infatti è stata la più numerosa e ad oggi quella di maggior successo. Cronologicamente questa vera e propria invasione al sumo può essere collocata dal 1999 al 2004 quando in totale sbarcarono in Giappone 35 ragazzi con il picco raggiunto nel 2001 quando solamente in quell’anno esordirono nel banzuke 14 nuovi lottatori di questa nazione. Giusto per fare qualche nome, tra loro ci furono i tre Yokozuna 鶴竜 Kakuryū, 日馬富士 Harumafuji e 白鵬 Hakuhō, mentre 朝青龍 Asashōryū li precedette di due anni. Tutti questi ragazzi erano vogliosi di lottare e trovare successo in una disciplina a loro non completamente estranea perché, come si legge nel già citato articolo dell‘Internazionale, nelle loro vene e nella loro cultura è presente qualcosa di simile dallo sport nazionale giapponese.

I tre Yokozuna 日馬富士 Harumafuji, 白鵬 Hakuhō e 鶴竜 Kakuryū

I mongoli hanno introdotto nuove tecniche e competenze anche nel sumo. Nel 2000 l’associazione giapponese di sumo ha aggiunto dodici nuove tecniche vincenti basate sulla lotta mongola, portando il totale a 82. Sono le prime aggiunte alle regole di questo sport dal 1960. (articolo Internazionale)

Come terza ondata invece si può considerare quella avvenuta dal 2008 al 2011 dove il numero totale di nuovi esordienti provenienti dalla Mongolia fu di 8 lottatori. Tra essi spicca ovviamente l’attuale e unico Yokozuna 照ノ富士 Terunofuji che completa il quintetto di lottatori mongoli capaci di raggiungere il massimo grado in questa disciplina.

Il mongolo Narantsogt Davaanyamyn – conosciuto nel sumo con il nome di Sadanohikari Shinta (attuale Sandanme 17, quarta categoria) – ha 25 anni e cerca di salire di livello fin da quando è arrivato in Giappone esordendo nel 2014. Ha la sensazione che i tifosi giapponesi “accettino gli yokozuna mongoli perché sono capaci, di talento e rispettano le regole. Persone che lavorano sodo e diventano campioni. Non ci sono pregiudizi. Ci sono molti fan e una buona parte di pubblico che tifa per i lottatori di sumo stranieri”. E aggiunge: “Per i grandi appassionati credo che i mongoli non siano affatto un problema. Grazie ai mongoli il sumo può sopravvivere nella cultura popolare giapponese”. (articolo Internazionale)

Infine la quarta e più recente ondata è quella che va dal 2017 ai giorni nostri dove al momento si registrano 10 nuovi lottatori provenienti da questo paese asiatico. L’ultimo in ordine di tempo a fare il suo esordio sul dohyō è il 24enne 欧勝馬 Ōshōma appartenente alla palestra Naruto (鳴戸部屋): nel suo primo torneo a novembre 2021 ha chiuso con un dignitosissimo 4-3 nella divisione Makushita, mentre ha fatto ancora meglio nel suo secondo torneo. Il 5-2 di gennaio lo catapulterà ai vertici della terza divisione per il prossimo basho, e chissà che un’ulteriore buona prestazione a marzo non possa farlo arrivare già in Jūryō. Nell’ultimo torneo Ōshōma si è tolto anche la soddisfazione di battere il connazionale 北青鵬 Hokuseihō (20 anni, 200cm, esordio 2020) protégé di Hakuhō. Il nome celebre di questa quarta ondata però è un altro e, con l’esordio datato 2018, ambisce a ben altre posizioni: si tratta del 22enne 豊昇龍 Hoshōryū (nipote di Asashōryū). Considerando la sua incredibile tenacia evidentemente genetica, non è da escludere che non possa ripercorrere almeno in parte le orme di suo zio.

豊昇龍 Hoshōryū [fonte]