“Non faccio sumo per piacere al pubblico, ma per me stesso. Quando si diventa Ozeki finisce il divertimento” così ha parlato il 26enne giapponese alla giornalista Izuka Saki
Vi proponiamo, tradotta in italiano, l’intervista integrale all’ozeki Takakeishō Mitsunobu 貴景勝 光信 fatta dalla giornalista e scrittrice Izuka Saki pubblicata ad inizio ottobre su yahoo.jp.
―― Prima che iniziasse l’Aki Basho si è tornato piano piano alla normalità: si è potuto fare de-geiko (allenamento in trasferta) ed è ricominciato il Jungyō (Tour del Sumo). Come ha vissuto quel periodo?
― Il Tour è stato breve ma confrontarsi contro altri Ozeki e allenarsi con tanti rikishi diversi è stato utilissimo. Prima potevamo allenarci solo nella nostra heya, ora possiamo invece uscire e allenarci con altri lottatori, ma anche solo assistere agli allenamenti degli altri è un modo per imparare. Personalmente ho giorni sì e giorni no riguardo alla mia forma, però in questo periodo non ho quasi mai avuto dolori e mi sono allenato in modo costante.
―― Com’è stato il tuo inizio nel Torneo di Settembre?
― A Luglio non ho vinto il torneo per una sola vittoria, ho sofferto due sconfitte all’inizio e questi risultati si ripercuotono sul risultato finale. Anche a Settembre ho perso l’incontro iniziale anche se poi mi sono ripreso, una cosa che non va assolutamente bene. Proprio un peccato, è importantissimo cominciare con una vittoria.
―― Ad ogni modo hai mostrato un buon sumo, eri in forma?
― Devo dire che il buon sumo è quello che entusiasma il pubblico quando si riesce a mostrare la propria forza in attacco e le proprie caratteristiche, i risultati poi arrivano. Sono contento di aver mostrato un sumo del genere. Certamente prima di ogni incontro si è risoluti a “vincere” ma se uno ci pensa troppo finisce per fare movimenti o attacchi affrettati che portano a risultati non ottimali. Nello scorso torneo ho evitato questi pensieri.
―― In questo torneo ti abbiamo visto spesso colpire con forza il viso dell’avversario, hai cambiato qualcosa nella tua tecnica?
― Nonostante mi mantengo sempre su un sumo fatto di spinte cerco sempre di cambiare qualcosina nella mia strategia generale. Porto sul dohyō tutte quelle cose che ho provato e praticato durante gli allenamenti.
―― Hai vinto degli incontri per Hatakikomi e Tsukiotoshi ma il tuo punto forte è il vigore che porti con gli attacchi diretti, è vero?
― Esatto. Attaccare per sbilanciare l’avversario funziona ma cercare di ritirarsi indietro quando si viene attaccati spesso non ha un buon esito. Se miglioro il mio attacco ne consegue che posso sbilanciare l’avversario ma l’allenamento non si deve basare sullo sbilanciamento dell’altro, semplicemente bisogna focalizzarsi sull’utilizzare al meglio la propria forza. In questo momento mi sto concentrando su come usare il mio impeto nelle spinte. Certamente è importante costruire la propria muscolatura con l’allenamento ma in realtà la vera forza che è importante nel sumo è quella che ti permette di alzare oggetti pesanti, una cosa diversa. Credo che questo tipo di allenamento sia la cosa più importante. Successivamente è bene imparare a concentrare questa forza verso l’avversario, soprattutto spingendolo. Infine la velocità di esecuzione è anch’essa importantissima.
―― Per i lottatori che invece di prendere il mawashi tendono a spingere l’avversario la velocità del tachi-ai è importantissima, giusto?
― Il tachi-ai è esattamente il momento in cui si deve fare più attenzione. Per un lottatore di sumo avere forza è una cosa scontata, poi però questa forza va utilizzata in modo efficace: velocità e precisione. Queste sono cose che vengono naturali solo dopo molto allenamento.
―― A proposito, per i rikishi che fanno il tachi-ai spingendo con le braccia, cambia qualcosa se tu colpisci prima o dopo il tuo avversario?
― Io sono preparato in entrambe le situazioni, non ho preferenze.
―― Qual è la cosa che più ti colpisce riguardo al mondo del sumo?
― Si impara qualcosa ogni giorno, è impossibile fare un sumo “perfetto”. Anche se si vince e si lotta in modo corretto c’è sempre anche una piccola cosa che si può migliorare. Però se ci si pensa troppo si finisce per perdere l’efficacia della propria strategia, talvolta è meglio affidarsi alla propria sensibilità. L’importante è capire le cause delle sconfitte e non rifare gli stessi errori. Eh già, ogni giorno si impara qualcosa.
―― Quindi quando combatti sei come in uno stato di trance agonistica?
― Esatto. Io sono lento a pensare quindi mi affido alle reazioni indipendenti del mio corpo. Per questo quando mi intervistano dopo gli incontri dico che non ricordo quello che è successo perché è proprio così. Quando rivedo i video poi mi accorgo di ciò che è successo. Molti altri rikishi usano la testa, io mi affido all’intuito. Non sono una persona brillante quindi punto sulla ripetizione degli stessi esercizi per rendere certe reazioni naturali e involontarie. Ci sono due tipi di lottatori di sumo: chi riesce a fare subito le cose nuove appena imparate e chi si allena in modo incessante per creare certi automatismi. Non c’è giusto o sbagliato, io però appartengo alla seconda categoria.
―― Se posso dire la mia, ho trovato il tuo incontro contro Shodai fenomenale. L’ultimo giorno del torneo, nonostante la stanchezza accumulata da 15 giorni di incontri hai lottato in modo superbo sino a trovare la soddisfazione finale.
― In passato l’ultimo giorno del torneo era quello in cui subivo più infortuni. Gennaio 2019: mi sono infortunato ad una gamba/piede; Settembre 2019: mi sono fatto male ai pettorali. Certamente la stanchezza influisce e il rischio di farsi male aumenta. Bisogna stare attenti perché anche se il giorno dopo non ci sono incontri un infortunio si ripercuote sul torneo successivo poiché gli allenamenti cominciano in ritardo. Questo non vuol dire che non ce la metto tutta, anzi. Quando si lotta in modo corretto non ci si fa male, questo penso valga sempre ma soprattutto per il senshuraku.
in foto l’Ozeki con in mano l’ultimo libro pubblicato dall’intervistatrice, un resoconto delle esperienze dei rikishi venuti dall’estero
―― Alla dodicesima giornata ha ottenuto il kachi-koshi contro Hokutofuji (Qui le pagelle di Italianozeki dal Day 12), che emozioni hai provato in quel frangente?
― Ogni giorno penso solo a dare il meglio di me. 8 vittorie non sono affatto il mio obiettivo e quel giorno non è stato particolarmente speciale.
―― Hai vinto per Hatakikomi facendo un henka.
― Come ho detto precedentemente, il mio corpo si muove istintivamente e non ricordo bene cosa sia successo.
―― Il giorno dopo la situazione si è ribaltata e Wakatakakage ti ha sconfitto con un henka, non te lo aspettavi?
― Quello è il mio punto debole. Anche se non ci penso mi alleno per essere in grado di fronteggiare qualsiasi attacco avversario e contrattaccare in modo efficace. La strategia di Wakatakakage mi ha sopreso completamente. Ovviamente l’avversario ci pensa e prepara il suo attacco. Mi è mancata la capacità di pensare e reagire a quell’evento.
―― L’opinione pubblica si è divisa fra chi ammetteva un henka di un Ozeki e fra chi riteneva la cosa una totale aberrazione.
― Guarda, non ho idea di cosa abbiano detto le persone perché non me ne interesso assolutamente. Inoltre è bene che capiate che io non faccio sumo per piacere al pubblico ma per me stesso. Certamente sono contento del tifo, i miei sostenitori mi danno tantissima forza. In realtà quello che faccio è per seguire il mio sogno e raggiungere la sua realizzazione. Questa cosa poi viene percepita in tanti modi diversi. Se voglio raggiungere il mio obiettivo ho a disposizione diverse opzioni, quella che scelgo non è assolutamente influenzata dagli altri. Se i miei fan supportano le mie scelte io non posso che esser loro grato.
―― Mi sono venute in mente le parole dette qualche tempo da Terunofuji: “Tutti i rikishi danno il meglio di sè, lottano sempre all’ultimo sangue contro l’avversario di giornata. Per questo bisogna rispettare ognuno di loro”.
― Giustissimo. Specialmente i lottatori nella parte alta del Banzuke, anche se sono infortunati tendono a nasconderlo per non mostrare la propria debolezza. Bisogna sempre pensare a come vincere e spesso non è facile. Bisogna anche soddisfare le aspettative del pubblico mentre si fa questo. Se si riesce a soddisfare entrambe le condizioni va benissimo ma spesso questo non accade. Alla fine il sumo è la vita stessa, la cosa ideale è vincere sempre.
―― Vorrei sapere la tua opinione su quale sia la responsabilità di un Ozeki.
― Si tratta semplicemente di fare del proprio meglio. Certamente è lo stesso anche per lo Yokozuna ma l’Ozeki è una posizione che si conquista ogni volta a suon di vittorie. Non ci sono premi speciali né niente, quello che rimane nei registri è se il tale Ozeki ha vinto il torneo oppure no. Se uno fa del proprio meglio non viene scalfito dalle critiche. Se un lottatore ce la mette tutta, sempre concentrato e lotta senza compromessi, ma alla fine perde… beh, semplicemente è un lottatore debole. L’obiettivo è di raggiungere almeno 10 vittorie ed essere sempre in lizza per la vittoria. Però se uno punta ad ottenere 10 vittorie difficilmente ci riuscirà, bisogna mirare a diventare campione del torneo. Per i Maegashira basta un kachi-koshi per avanzare nel Banzuke e 10 vittorie di solito portano un premio speciale. Per noi Ozeki è necessario diventare campione per avanzare e diventare Yokozuna (vincere due tornei di fila o risultati equivalenti NdT). In pratica noi abbiamo due scelte: campione o non campione. Per questo dobbiamo solamente puntare a vincere il torneo.
―― Dopo 17 anni c’è finalmente stato il “Sumo Fan Festival”, inoltre è ricominciato il Jungyo (Tour) in vari luoghi del Giappone. Com’è stato partecipare a questi eventi?
― Personalmente mi sono divertito tantissimo. Durante la pandemia non c’erano occasioni di confrontarmi coi fan: lottavo e alla fine ricevevo l’applauso, tutto qua. Qualche mese fa è ricominciato il Tour e sentire i fan dirmi direttamente “tifo per te!” mi rende felicissimo. Certamente sono grato ai fan che sventolano gli asciugamanini col mio nome in arena, ma quando i sostenitori mi rivolgono la parola direttamente è molto più piacevole.
―― Non male, eh! Infine: quali sono i tuoi obiettivi futuri?
― Ormai ho “già” 26 anni, devo essere impaziente ma nel senso buono del termine. L’importante è non girare in tondo senza arrivare mai alla fine. Non penso di essere troppo giovane, dall’alto della mi esperienza però vorrei mantenere l’impeto dei primi tornei. Quando avevo 20/21 anni mi divertivo un sacco! (quando aveva 20/21 anni è stato l’unico periodo da Maegashira, quando ha compiuto 22 anni è entrato stabilmente in san’yaku per poi diventare Ozeki, NdT) Non vedevo l’ora di lottare contro Ozeki e Yokozuna, li vedevo in televisione convintissimo di poterli sconfiggere. Vorrei mantenere questa forza e ottimismo anche adesso e nei tornei a seguire. Molti Ozeki prima di me hanno detto una cosa che penso sia giusta: quando diventi Ozeki finisce il divertimento. Penso sia strano parlare di “divertimento” quando si lotta per vincere o perdere, però vorrei tornare alla mentalità di quando ero giovane. Ho cominciato a fare sumo sin dalla terza elementare, con in testa l’obiettivo di diventare un professionista. Penso sia stata la scelta corretta. Vorrei vivere come una persona contenta di essere potuto diventare un lottatore di sumo, senza rimpianti. Proprio per questo voglio mantenere lo slancio della mia giovinezza, rimanere attivo e in forma senza mai invecchiare.