Articolo: Paolo Di Lorito
La ricetta vincente dei lottatori georgiani è semplice: arti marziali e sollevamento pesi, due discipline fondamentali per avere successo nel sumo. Vediamo come Tochinoshin, Gagamaru e Kokkai hanno fatto fruttare le loro origini
Dopo aver raccontato dell’influenza che la Mongolia ha avuto nel sumo a partire dagli anni ’90, continuiamo il nostro tour mondiale per vedere quali altre nazioni hanno contribuito a rendere grande e ancora più globalizzato lo sport nazionale del Giappone. Ora è il turno della Georgia la quale seppur ha foraggiato il banzuke con solamente quattro lottatori, merita grande riconoscimento perché tre di questi hanno raggiunto la categoria San’yaku e uno di essi ha addirittura vinto un titolo Makuuchi. Ma andiamo con ordine: i quattro rikishi provenienti dalla nazione dell’Europa Orientale (con il relativo anno di debutto nel sumo professionistico) sono 黒海 Kokkai Futoshi (2001), 臥牙丸 Gagamaru Masaru (2005), 司海 Tsukasaumi Joji (2005), e 栃ノ心 Tochinoshin Tsuyoshi (2006).
La Georgia, che geograficamente appartiene all’Asia mentre culturalmente è più legata all’Europa Orientale, si è vista riconoscere l’indipendenza dall’Unione Sovietica il 25 dicembre 1991 ed è una nazione fortemente legata alle tradizioni, molte delle quali sfociano nell’ambito sportivo. Su tutte vanno citati il lelo burti e il khridoli. Il lelo burti è uno sport folkloristico paragonabile al rugby dove una grossa e pesante palla viene lanciata tra la folla creando mischie di persone che cercano di strapparsela a vicenda, mentre il khridoli è un’arte marziale estremamente variegata che alle mosse di boxe e wrestling aggiunge anche l’utilizzo della spada, dello scudo e dell’arco. Col tempo si è aggiunto uno nuovo sport alla tradizione georgiana, il sollevamento pesi, e in questo modo si è delineato il profilo sportivo di questa nazione dedita al combattimento e alla forza fisica (caratteristiche riconoscibili nei suoi rikishi). I risultati ai Giochi Olimpici infatti parlano chiaro: in sette partecipazioni gli sport dove la Georgia primeggia sono judo (4 ori, 5 argenti, 3 bronzi), sollevamento pesi (3, 1, 3) e lotta greco-romana (3, 6, 10).
Ora torniamo al sumo. Eccezion fatta per Tsukasaumi – fratello minore di Kokkai, perseguitato dagli infortuni che partecipò attivamente solamente a quattro tornei, perdendo un titolo Jonidan ai play-off e facendo registrare come miglior posizione Sandanme 18 – gli altri tre hanno avuto una carriera lunga e di successo, con il 34enne Tochinoshin l’unico di essi ancora attivo.
Il primo ad approdare in Giappone fu Levan Tsaguria che come molti altri lottatori di sumo discende da una famiglia di sportivi; il padre infatti era istruttore di wrestling e fu lui il suo primo allenatore. La passione per il sumo del giovane georgiano si consolidò durante la partecipazione nel 1998 ai World Amateur Sumo Championships di Riese, Germania, e dopo questa esperienza si trasferì a Tokyo entrando nella palestra Oitekaze. Per mitigare la lontananza dal suo paese natale gli fu dato il nome Kokkai, che significa Mar Nero, e con questo shikona debuttò nel luglio 2001 ottenendo subito brillanti risultati. Gli ci vollero poi undici basho per raggiungere la seconda divisione, e al suo quarto torneo in Jūryō vinse il titolo (che poi si rivelò essere il più prestigioso della sua carriera) con un record di 14-1.

Con la successiva promozione in Makuuchi nel gennaio 2004, Kokkai divenne il primo lottatore caucasico a raggiungere la massima divisione del sumo e ci rimase stabilmente per sette anni consecutivi. A 30 anni iniziò la fase discendente della sua carriera, e dopo un ulteriore riassaggio di Jūryō decise di ritirarsi nel settembre 2012 a causa dei troppi infortuni che gli rendevano impossibile esprimersi al massimo delle sue possibilità. Il tema infortuni purtroppo è strettamente legato ai lottatori georgiani i quali, dotati di un fisico massiccio e imponente, hanno fatto tutti della forza fisica la loro arma principale. Kokkai a causa di un problema al collo cercò di ampliare il suo arsenale modificando il suo sumo sostituendo i muscoli con la tecnica. Ed è anche grazie alla sua abilità sviluppata con tempo nell’afferrare il mawashi dell’avversario che ricevette due premi per lo spirito combattivo e conquistò due kinboshi per le sue vittorie sullo Yokozuna 朝青龍 Asashōryū.
Cronologicamente parlando dopo Kokkai fu il turno di Gagamaru, al secolo Teimuraz Jugheli, ad approdare in Giappone e lo fece nel 2005 in occasione dei World Junior Sumo Championships di Osaka. Lui veniva dai titoli vinti in gioventù sia nel judo che nel sambo (arte marziale russa) e le sue ottime prestazioni attirarono l’attenzione della palestra Kise che lo fece debuttare nel novembre 2005 a 18 anni. I suoi primi anni nel sumo furono segnati da un grave lutto personale: nel 2006 suo padre morì in un incidente d’auto in Georgia proprio nel periodo in cui Gagamaru stava pianificando un viaggio di ritorno per andare a trovare la famiglia dopo la sua lunga assenza. Questo evento inizialmente lo scoraggiò tanto da spingerlo ad abbandonare la sua carriera da sumotori, ma una volta appreso quanto il padre tenesse alla sua carriera in questo sport, si decise ad onorarlo con i risultati.

Nel 2009 infatti dopo un 7-0 e il titolo in Makushita, ottenne la tanto desiderata promozione in Jūryō e al secondo torneo tra i salariati arrivò anche un altro titolo col record 12-3. L’approdo nella massima divisione avvenne nel luglio 2010 e dopo i continui alti e bassi che caratterizzarono la sua carriera, nel gennaio 2012 fece registrare la sua prestazione migliore: un 12-3 che lo fece arrivare secondo alla corsa al titolo, e da Maegashira 10 gli valse il premio per spirito combattivo (il secondo) nonché la promozione a Komusubi. In quel caso l’hatsu basho fu vinto da 把瑠都 Baruto e proprio contro l’estone, Gagamaru nel 2011 mise a segno una delle sue vittorie più memorabili assieme a quella sullo Yokozuna 日馬富士 Harumafuji nel 2015, come ha confermato lui stesso. Nella categoria San’yaku ci durò solo un torneo (6-9) ma in ogni caso il suo viaggio nel mondo del sumo fu memorabile tanto da attirare l’attenzione dei fan che lo accoglievano come uno dei più amati. Personaggio riconoscibile anche per la sua stazza (raggiunse l’apice con 212 kg) lui non apprezzo mai le attenzioni ricevute per questo suo aspetto, tanto da non presentarsi a diverse pesature ufficiali. Dopo svariati sali-scendi tra prima e seconda divisione e un 2020 passato quasi esclusivamente out per infortunio, nel novembre di quell’anno annunciò il ritiro citando problemi cronici al ginocchio come causa di questa decisione.
Passiamo ora al piatto forte: Tochinoshin, uno dei lottatori più amati degli ultimi venti anni (Yokozuna inclusi). Anche per Levan Gorgadze il primo impatto con il Giappone non fu facile e nonostante risultati impressionanti nei tornei amatoriali giovanili fu sia difficile per lui adattarsi ad una cultura così estranea, sia complicato per le palestre accogliere uno straniero con così poca esperienza nel mondo del sumo. Alla fine venne arruolato dalla Kasugano-beya e il giovane Tochinoshin ebbe il merito, a differenza di altri lottatori est-europei, di seguire gli insegnamenti del suo allenatore che lo portarono a sviluppare uno stile di combattimento meno incentrato sulle prese stile judo bensì più sulla potenza e sui movimenti in avanti. Superato lo scoglio della lingua, grazie anche all’aiuto di Kokkai e della moglie del suo capo-palestra, potè iniziare a mettere in mostra tutto il suo potenziale che lo portarono ad ottenere dal suo esordio (maggio 2006) 12 tornei consecutivi con un record positivo di vittorie. Durante questa cavalcata arrivò il titolo Jūryō (il primo dei tre) e la promozione nella massima divisione.
La sua presa esterna col braccio sinistro diventò presto il suo marchio di fabbrica e, abbinata ai suoi straordinari muscoli, gli permise di lottare alla pari con chiunque. Facciamo notare infatti che oltre il 55% delle sue vittorie in carriera sono arrivate con le mosse yorikiri/yoritaoshi: una volta che il georgiano afferra il mawashi è difficile evitare di indietreggiare. Nel maggio 2010 batté quattro Ozeki consecutivamente diventando solamente il secondo lottatore della storia al di sotto dei Sekiwake a riuscirci, dopo 益荒雄広生 Masurao Hiroo nel marzo 1987. Il principale punto debole di Tochinoshin però si rivelò essere la sua integrità fisica e il primo grave infortunio avvenne nel 2013. Nella quinta giornata del torneo di luglio subì una distorsione del crociato anteriore destro nel match vinto contro Tokushōryū e quello resta l’ultimo match disputato dal georgiano senza il vistoso tutore al ginocchio che indossa ancora oggi.
Lo stop forzato durò tre tornei e al suo ritorno fu impressionante: due titoli Makushita e due titoli Jūryō vinti consecutivamente perdendo due soli incontri su 44, e nuovo approdo nella massima divisione datato novembre 2014 dalla quale fino ad oggi non è più uscito. Col tempo iniziarono ad arrivare le prime kinboshi e i primi premi per la tecnica (quelli per lo spirito combattivo invece ne aveva conquistati a bizzeffe già a partire dal 2009), ma il suo fiore all’occhiello resta il torneo di gennaio 2018 quando da Maegashira 3 vinse il titolo Makuuchi col record di 14-1, dopo dodici anni dal suo debutto nel sumo avvenuto nel 2006. Questo fece di lui il primo Maegashira a vincere dal maggio 2012, il terzo europeo (e finora ultimo) a trionfare nella massima divisione dopo Kotoōshū dalla Bulgaria e Baruto dall’Estonia, e interruppe il digiuno della sua palestra di campionati vinti nella massima divisione che durava addirittura dal 1972. L’eco dell’enorme impatto che ebbe questo suo risultato giunse fino al suo paese natale tanto da meritarsi una medaglia d’onore.
Sull’onda della fiducia acquisita dopo quel torneo, Tochinoshin mise a segno due prestazioni brillanti nei successivi tornei tanto da meritarsi la promozione ad Ozeki con ben 37 vittorie in tre tornei. Questo fa di lui il rikishi che ha impiegato più tempo dal suo debutto a raggiungere la seconda carica più alta nel mondo del sumo. Come detto però i guai fisici per lui sono sempre dietro l’angolo e al primo torneo da Ozeki soffrì un infortunio all’alluce del piede destro costringendolo al ritiro; un altro infortunio, questa volta alla coscia destra patito in allenamento, minò la sua prestazione nel gennaio 2019 obbligandolo a ritirarsi dopo quattro giornate consecutive di sconfitte. Perse il suo rango di Ozeki tornando ad essere Sekiwake per il torneo di maggio 2019 e qui compì la sua ultima grande impresa. Una delle tante peculiarità della categoria Ozeki è che, una volta declassati, è possibile subito riacquisire il titolo se si ottengono 10 vittorie nel torneo successivo e questo è proprio ciò che riuscì a fare Tochinoshin.
Il suo secondo regno da Ozeki durò ancor meno del primo – appena due tornei – complici ovviamente ancora i noti problemi al ginocchio e un nuovo infortunio alla spalla; e il suo ultimo torneo con kachi-koshi (maggioranza di vittorie) risale a novembre 2020. Attualmente il 34enne fatica a trovare continuità nei risultati e la sua stamina sembra diminuire sempre di più basho dopo basho. Il forte sospetto è che ora Tochinoshin continui a lottare finché si trova nella massima divisione, e una sua discesa in Jūryō possa corrispondere col suo ritiro. Ovviamente ci si augura che questo possa accadere il più in là nel tempo possibile e, perché no?, con tutti questi grandi comeback (vedi Hakuhō e Terunofuji) non possa anche lui regalarci qualche sorpresa. Per il momento comunque ci accontentiamo di ammirare di tanto in tanto una delle sue dimostrazioni di straordinaria forza con cui afferra i suoi avversari e li accompagna fuori dal dohyō (assicurandosi che non vadano a finire sul pubblico), che subito ci fanno tornare alla mente i suoi grandi e meritati successi. Un rikishi georgiano che incarna appieno lo spirito giapponese.
In attesa che la Georgia ci regali nuovi lottatori in grado di abbinare doti da artista marziale a muscoli di sollevatore di pesi, la prossima tappa del nostro viaggio alla scoperta dei rikishi stranieri sarà il Sud America.